29 gennaio 2013


Reggae e Black Music sono figli dello stesso padre, il Rhythm and Blues. Oggi abbiamo l’occasione di parlarne per ricordare due artisti fondamentali per l’evoluzione e il successo dei loro rispettivi generi. Loro sono il giamaicano Leroy Sibbles e l’americano James Jamerson, entrambi nati oggi.
Sibbles, nato nel 1949, è unanimemente considerato uno dei padri fondatori della musica reggae così come la conosciamo noi oggi. 
Leroy Sibbles
Negli anni ’60 e ’70 è stato il leader e voce del gruppo rocksteady The Heptones, con in quale ha registrato una marea di singoli diventati veri e propri inni di una generazione innamorata dei ritmi in levare. Tra i classici del genere ricordiamo "Fattie Fattie", "Got to Fight On (To the Top)", "Party Time" e "Get in the Groove" . Oltre al lavoro con i The Heptones (che lascerà nel 1977), Sibbles ha apportato un contributo grandissimo all’evoluzione della musica giamaicana attraverso il lavoro fatto alla Studio One al fianco di Coxsone Dodd. Per l’etichetta ha scritto canzoni, musiche, suonato il basso, prodotto brani altrui. Un’istituzione che onoriamo con uno dei suoi brani solisti più conosciuti e danzerecci, la cover del brano di Charles Wright & the Watts 103rd Street Rhythm Band, “Express Yourself”.
James Jamerson deve invece la sua fama allo strumento a quattro corde. Nato nel South Carolina nel 1938 (morirà nel 1983 a causa di un arresto cardiaco), verrà scoperto da Berry Gordy che lo ingaggerà come session man alla Motown. 
James Jamerson
Jamerson entra così a far parte della storica in-house band della Motor City, i The Funk Brothers. Il suo modo innovativo e originale nel suonare lo strumento faranno di lui uno dei bassisti più influenti dell’epoca. Ha suonato praticamente tutti i classici registrati dall’etichetta di Gordy prima che questi la trasferisse a Los Angeles, con percentuali che sfiorano il 95% dei singoli prodotti tra il 1962 e il 1968. Si dice che Marvin Gaye, all’epoca delle registrazioni di “Let’s get in on”, avesse dovuto girare i bar di mezza Detroit per trovare l’unico bassista di cui si fidava (Jamerson aveva problemi con l’alcool). La linea di basso del brano è l’esempio più classico di come Jamerson sia riuscito a conferire ad uno strumento secondario come il basso una centralità mai avuta prima. Il funk gliene sarà sempre grato… 



Nessun commento:

Posta un commento