16 febbraio 2013


Nel mondo della musica, e forse in special modo nel soul, l’artista che interpreta una canzone è spesso solo la punta di un iceberg composto da parolieri, arrangiantori, musicisti e produttori. 
Leon Ware
Leon Ware, nato nel 1940, è da ricordare di sicuro per aver svolto al meglio l’ultimo di questi ruoli ma contemporaneamente scrivendo anche di proprio pugno brani per altri artisti. L’album che deve essere ricordato è “I want you” di Marvin Gaye. Ware, oltre a curarne la produzione, ha scritto la maggior parte dei brani in coppia con il fratello minore di Diana Ross, Arthur, inclusa la splendida title-track. Pensate che il brano sarebbe stato interpretato dallo stesso Ware se Berry Gordy non avesse opposto il suo veto a favore di Gaye! Sempre come songwriter ha scritto uno dei primi successi per il giovanissimo Michael Jackson con il brano “I wanna be where you are” nel 1972. Come interprete non è mai riuscito a sfondare, nonostante dal 1970 ad oggi abbia fatto uscire almeno una decina di album a suo nome (l’ultimo risale al 2008 ed è stato inciso per la Stax.
Il secondo personaggio di oggi è purtroppo passato a miglior vita da 26 anni. Lui è Ted Taylor, classe 1934, stacanovista del soul. 
Ted Taylor
La prima volta che mise piede in uno studio di registrazione faceva parte di un gruppo vocale di doo-wop, i The Cadets, per poi subito intraprendere la carriera solista. Se vi piace il R&B vecchia maniera, il northern soul sudato e la disco-music prima della sua commercializzazione spudorata, bene, Taylor è il vostro uomo. Dall’inizio degli anni ’60 alla fine degli anni ’70 ha registrato per la Duke Records, la OKeh Records, Ronn Records e la TK Records, senza però mai raggiungere il successo che si sarebbe meritato. Noi vi proponiamo quattro suoi brani che spaziano dal soul della prima ora alla disco, praticamente sconosciuti ma che di certo vi faranno muovere! La prima è “I’ve got findsomebody new”, “(Love is like a) Ramblin Rose” (ripresa anche dai proto-punkers MC5), “Somebody always trying” e “Ghetto disco”.  Siete ancora fermi?


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